Giuseppe Pedrotti dell’azienda agricola Gino Pedrotti sul lago di Cavedine in Trentino, racconta a #vinoumano del Vino Santo trentino e dell’uva con cui viene fatto, la nosiola, una varietà autoctona a bacca bianca che ha nella Valle dei Laghi il suo habitat ideale.
Ecco il lungo processo con cui si prepara il Vino Santo trentino: dopo la raccolta gli acini di nosiola vengono portati negli appassitoi dove, distesi sui dei graticci riposano fino alla settimana Santa (da cui deriva il nome del vino). Qui avviene il processo di appassimento e il peso dell’uva si riduce di oltre un terzo a causa della botrytis cinerea, una “muffa nobile” che si sviluppa sugli acini provocando la dispersione dell’acqua e la concentrazione degli zuccheri.
Le particolari condizioni di temperatura, la presenza di tanti piccoli specchi d’acqua e la ventilazione dovuta a l’Ora del Garda, (il vento pomeridiano che spira dal lago verso l’interno) creano nella Valle dei Laghi un microclima temperato che offre un contributo importante all’attività della muffa.
Le uve così appassite vengono sottoposte alla spremitura – da cui si ottiene pochissimo mosto – e ad una lenta fermentazione che si interrompe prima che tutto lo zucchero si trasformi in alcol. Segue un lungo invecchiamento (secondo il disciplinare di produzione almeno quattro anni ma la maggior parte dei produttori attende anche sette, otto, dieci anni) e l’imbottigliamento. Ben conservato il Vino Santo potrà sfidare il tempo rimanendo sempre un’esperienza gratificate anche dopo parecchie decadi.
L’azienda agricola Gino Pedrotti è certificata biologica, effettua trattamenti biodinamici ed opera all’insegna dell’osservazione, del rispetto e dell’armonia con l’ambiente naturale.